SCOPI
Zohor filistin significa “fiori di Palestina”, e questo sito nasce proprio per parlare della Palestina che spunta dal terreno. Dal terreno in senso proprio, cioè da quello strato chiamato tecnicamente “suolo” su cui nascono alberi, arbusti e fiori che ogni poeta palestinese, da sempre, accarezza coi suoi versi. Gli elementi vegetali, figli di quella terra che subisce gli stessi torti dei suoi abitanti, rappresentano, infatti, un aspetto fortemente evocativo del legame spirituale, oltre che materiale, tra il popolo palestinese e la sua Terra, madre, quindi, degli uni e dell’altro.
Sono moltissime le piante che, secondo la classificazione binomiale “genere/specie” risalente a Linneo (1753), sono identificate come “specie palaestina” , termine che Israele tende a far sparire sostituendolo con “specie israeli o giudaica”, operando anche in questo campo quel particolare tipo di appropriazione accompagnata al negazionismo, già applicata ai nomi delle strade, dei villaggi e delle città.
Le specie vegetali presenti in Palestina sono circa 2700. Non tutte sono ugualmente amate, ma tutte lottano per resistere. Alcune riescono a farlo attraverso la produzione abbondante di semi che, a volte, restano dormienti finché non arriva la giusta combinazione di terra e acqua. Altre riescono a farlo allungando le proprie radici e superando le avversità della superficie, spesso colpevolmente inaridita. Altre ancora sono capaci di rigenerarsi da un pezzo di ramo o da una gemma sopravvissuta per caso. Tutte sono evocative della resistenza, opposta e di solito a lungo andare vincente, contro chi vorrebbe eliminarle. Forse per questo la letteratura e soprattutto la poesia palestinese sembrano muoversi in modo così familiare tra le foglie e i fiori offerti loro dalla Natura. E questo aspetto non verrà mai trascurato.
Una nazione può avere un nome che muta nella sua storia, soprattutto se e quando decisa da altri. Ma il nome di una Terra, quello non si cancella.
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Quello NON si deve consentire che altri lo cancellino!
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