Da Brescia a Gaza. Contaminazioni e suggestioni narrative.

9Vedere Brescia per la prima volta, ma averla nel cuore praticamente da sempre, è stato bello.

L’avevo conosciuta e studiata già alle elementari come “la leonessa d’Italia” per la sua eroica resistenza agli occupanti austriaci nella 1^ guerra d’indipendenza nel 1849. Resistenza stroncata, ma non annientata, con la fucilazione degli insorti (i Martiri di Belfiore) ordinata dal feldmaresciallo Radetzky che, da quando avevo una decina d’anni ad oggi, ancora mi chiedo per quale vergognoso motivo meriti di avere intestate le strade in molte città italiane. Sarebbe come se, una volta vinta la lotta contro l’occupazione, la Palestina intestasse delle strade a Sharon o a Begin o a quell’altro criminale di Netanyahu o magari a Moshe Dayan solo perché era un “grande” stratega.1

Tornando a Brescia, città studiata ancora alle superiori per la resistenza partigiana ai nazi-fascisti nella 2^ guerra mondiale, resistenza particolarmente eroica sapendo che la famigerata Repubblica Sociale Italiana –  quella che usava gli stessi metodi della coeva e criminale banda Stern di cui era esponente anche il futuro primo ministro israeliano Ytzahk Shamir – ebbe il suo quartier generale a Salò, proprio nella provincia bresciana.

Città tornata ad essere presente negli anni giovanili della mia vita per il vile attentato fascista che fece strage durante una manifestazione che chiedeva giustizia per un’altra strage fascista. Stragi commissionate, forse, da quella stessa area di potere che ancora oggi agisce per distruggere gli ostacoli democratici all’affermarsi del più sfrenato liberismo. In Italia e nel mondo.3.jpg

Brescia,15416182_10211598885992266_1422826083_n città che infine ho più volte paragonato  a Nablus e Jenin per la sua e loro resistenza  all’occupante. Città che accoglie la Resistenza palestinese non solo nei centri sociali “per addetti ai lavori”, ma nella centralissima ed elegante via che  sbocca in piazza della Loggia.  La piazza della strage del “74, ma anche quella delle antiche statue parlanti che rappresentavano, come il Pasquino a Roma, la voce critica del popolo contro i governanti.

Brescia, che data circa 3.300 anni di vita e che un giorno conoscerò meglio riservandomi qualche ora da turista per visitare  i monumenti che testimoniano la sua lunga storia, comprese anche le vestigia romane risalenti alla conquista che più o meno coincide con quella della Palestina, qualche decennio a.C.12

Questa Brescia, che è sempre stata sensibile e attenta ai diritti violati del popolo palestinese e che io direttamente ho conosciuto soltanto ieri, ha accolto nel suo Caffè letterario “Primo piano”, con grande calore, la conferenza sulla Striscia di Gaza assediata e martoriata dall’esercito israeliano. Conferenza convocata principalmente per far conoscere e finanziare un progetto umanitario rivolto a bambini affetti da una grave patologia. Bambini che Gianna, l’infermiera-fotografa bresciana che ha ideato la serata e realizzato la mostra fotografica, tornerà a curare il prossimo mese.

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A due passi dal Caffè letterario Primo piano gestito da Daniele, bravissimo co-ideatore della serata, di cui porterò con piacere la maglietta, c’è sia  la bella piazza con la statua che  ricorda e onora gli 15423728_10211605537598552_1271650967_ninsorti del 1949 e la colonna danneggiata dall’attentato fascista del 1974, ma sempre a pochi passi c’è anche il ristorante “I Nazareni” che è una sorta di manifesto della resistenza palestinese nella diaspora.

E’ un ristorante bello.

Bello nel senso più completo del termine perché ha uno stile sobrio,  raffinato e conviviale nello stesso tempo. Bello perché con naturalezza riesce a far cadere lo sguardo in un angolo dove fanno bella mostra di sé le ceramiche della città di Al Khalil, meglio conosciuta come Hebron, 1acittà palestinese in cui la vita è resa particolarmente dura dai fuorilegge ebrei venuti da varie parti del mondo, insediatisi con la forza e protetti, anche nelle loro nefandezze, dall’esercito israeliano che occupa la città. Eppure Hebron-Al Khalil produce vetri e ceramiche di pregio, nonostante tutto, e qui alcuni esemplari sono poggiati con disinvoltura e offerti allo sguardo di chi entra per mangiare palestinese. E’ bello perché su una parete appare Handala, il simbolo 11dell’amarezza e della resistenza palestinese il cui creatore venne ucciso molti anni fa, ma che continua a vivere attraverso la figura creata dalla sua mano e dalla sua mente. Bello perché sul muro si può leggere una poesia del grande Darwish e accanto, poggiata sul muro, una rababa, antico strumento a corde con cui i beduini accompagnano il canto poetico e poi sulla tavola, accanto alle posate appare una poesia di Fadwa Touqan, la poetessa che fece dire  a Moshé Dayan che le sue opere erano più pericolose di dieci feddayn.15355954_10211605109707855_1233374972_n

Un ristorante al quale il  proprietario, Iyas, originario di Baka, oggi presa illegalmente da Israele, e  venuto molti anni fa in Italia perstudiare medicina, ha dato un’anima palestinese capace di intrecciarsi perfettamente con quella parte dello spirito bresciano che sa di resistenza al sopruso e di curiosità erispetto per le differenze. La Brescia che mi è piaciuta tanto, insomma!

E così, in questo bel posto dove si beve la birraTaybe –  quella che ha per slogan “bevi palestinese e assaggia la resistenza” – e il vino palestinese Cremisan – quello della collina che Israele sta illegalmente tagliando in due, confiscandone i vigneti storici col suo illegittimo, mostruoso muro di rapina – e dove si mangiano ottimi falafel, hummus, mujaddara, fattet adas, waraq dawali e si parla di musica e di storia, di cibo e di occupazione, di politica e di viaggi,  in questo posto, dove a notte molto fonda si è conclusa la serata per Gaza, in questo posto si fa conoscere, con quel fascino che solo cultura e passione insieme sanno esprimere, il diritto al ritorno oltre che alla libertà, e la giusta resistenza contro i crimini e le illegalità israeliane in tutta la Palestina.

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Gianna sta fotografando e gli altri stanno arrivando, in fondo ancora è solo mezzanotte!

Perché pubblico questo articolo nel mio blog dedicato alla natura palestinese? Perché in fondo, nel gioco dei fiori di Palestina, ci stanno bene anche le iniziative che fanno fiorire la speranza e che gettano i semi su un terreno reso fertile dalla solidarietà e dalla resistenza. Anche quando è vissuta e sostenuta da lontano. Se Gianna riuscirà a curare i “bambini-farfalla” – detti così per la grave malattia che distrugge i loro tessuti interni ed esterni –  e farli sopravvivere decentemente, sarà anche grazie a tutti coloro che si muovono perché sentono sulla propria pelle le ingiustizie subite da altri, sia da questa parte che dall’altra parte del mare come piace ricordare a me che, delle parole di Vittorio circa il Mediterraneo che al tempo stesso ci separa e ci unisce, ho fatto un’indicazione di vita. Un fiore di Palestina anche questo, e quindi in questo blog trova giustamente il suo spazio.   Un altro ne troverà quando, in una prossima iniziativa, pianteremo a Brescia un piccolo albero proveniente dalla Striscia di Gaza e sfuggito eroicamente all’assedio israeliano.

Brescia 8 dicembre 2016

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